La legge 210/1992 prevede un “indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati."
Tale legge pero riconosce un contributo economico solo a chi "abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica."
Il suddetto limite è stato superato dalla Consulta in quanto la Cassazione ha sollevato diversi dubbi di costituzionalità all’art. 1, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210, in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione "nella parte in cui non prevede che il diritto all'indennizzo, istituito e regolato dalla stessa legge, spetti anche, alle condizioni ivi previste, a soggetti che abbiano subito lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, a causa di una vaccinazione non obbligatoria, ma raccomandata".
Ma che differenza c’è tra risarcimento del danno e indennizzo?
Il risarcimento del danno, presuppone l’esistenza di un nesso tra un fatto illecito ed un danno ingiusto, mentre l’indennizzo spetta nel caso in cui la menomazione irreversibile sia stata causata dalla vaccinazione.
Pertanto, se il danno causato dal vaccino è legato ad un errore del medico curante o all’esecuzione dell’iniezione da parte del personale sanitario, oppure ancora alla somministrazione di una fiala proveniente da un lotto difettoso, è possibile il cumulo tra l’indennizzo e il risarcimento del danno.
Come definito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 118 del 1996 e la Corte costituzionale la n. 268/2017 afferma che “l’indennizzo ha natura indennitaria ed equitativa e consente agli interessati una protezione certa e predefinita per legge”.
Come si richiede l’indennizzo?
La domanda di indennizzo deve essere presentata dall’interessato alla ASL di residenza. Successivamente alla proposizione della domanda, l’ASL svolgerà l’istruttoria, verificando la completezza della documentazione allegata e il possesso dei requisiti previsti dalla legge.
Terminata la fase istruttoria, l’Azienda sanitaria invia il fascicolo alla Commissione medica ospedaliera competente, che dovrà convocare a visita l’interessato. Sarà compito della CMO accertare l’esistenza del nesso causale tra l’infermità ed il vaccino, qualificare il grado di infermità e la tempestività di presentazione della domanda.
Dopo che il verbale della Commissione verrà notificato al richiedente, quest’ultimo ha 30 giorni di tempo dalla notifica per presentare eventuale ricorso contro la decisione al Ministero della Salute.
Come si calcola l’importo dell’indennizzo?
L’importo dell’indennizzo, viene calcolato sulla base della tabella B allegata alla L. 177/1976 rivalutabile annualmente e da una somma pari all’indennità integrativa speciale.
Inoltre i danneggiati da vaccinazione obbligatoria possono presentare ulteriore domanda per ottenere un assegno una tantum, pari al 30% dell’indennizzo dovuto per il periodo ricompreso tra il manifestarsi dell’evento dannoso e l’ottenimento dell’indennizzo.
Il risarcimento può comprendere diverse voci di danno:
-danno patrimoniale, in riferimento alle spese sostenute a causa della malattia;
-danno morale, sofferenze dovute alla patologia;
-danno biologico, in relazione alla lesione dell’integrità psico-fisica a seguito della vaccinazione;
-danno esistenziale, peggioramento delle relazioni a seguito della malattia;
-danno parentale, danno da riconoscere ai familiari e ai superstiti.
Responsabilità della casa farmaceutica
All’indennizzo può essere aggiunto anche il risarcimento del danno nel caso in cui l’infermità subita dall’interessato sia imputabile al fatto colposo altrui.
Un esempio può essere attribuito alla responsabilità della causa farmaceutica quando il lotto vaccinale da cui è stata estratta la fiala somministrata, sia risultato difettoso.
In questo caso sono presenti due rimedi esperibili a tutela del danneggiato.
Azione di responsabilità per esercizio di attività pericolose
Il primo rimedio contro la casa farmaceutica è rappresentato dall’art. 2050 c.c., “responsabilità per l’esercizio di attività pericolose”, nelle quali la giurisprudenza fa rientrare anche l’attività di vendita e somministrazione di vaccini e medicinali da parte delle aziende di farmaci.
Il danneggiato dovrà fornire la prova del danno e del nesso causale, invece la casa farmaceutica si potrà liberare di tale responsabilità dimostrando di“avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”, hanno adottato esito favorevole.
Recentemente la Cassazione nella sentenza n. 6587/2019 ha “escluso la responsabilità della casa farmaceutica che fornisca la prova di avere osservato, prima della produzione e immissione sul mercato del farmaco, i protocolli di sperimentazione previsti dalla legge, e di avere fornito un'adeguata informazione circa i possibili effetti indesiderati dello stesso, aggiornandola - se necessario - in relazione all'evoluzione della ricerca”.
Sempre nella medesima sentenza la Cassazione, in relazione alla prova liberatoria dell’adeguata informazione, ha affermato che “è necessario che l'impresa farmaceutica svolga una costante opera di monitoraggio e di adeguamento delle informazioni commerciali e terapeutiche, allo stato di avanzamento della ricerca, al fine di eliminare o almeno ridurre il rischio di effetti collaterali dannosi e di rendere edotti nella maniera più completa ed esaustiva possibile i potenziali consumatori”.
Azione di responsabilità del produttore per prodotti difettosi
Il secondo rimedio contro l’azienda farmaceutica è previsto dal D.P. R. n. 244/1988, ove all’interno sono contenute norme di derivazione comunitaria, a tutela del consumatore, che sanciscono la responsabilità extracontrattuale del produttore per il danno cagionato dal prodotto difettoso.
Proprio l’art. 4 prevede che “Il danneggiato fornisca la prova del danno, del difetto del prodotto e della connessione causale tra difetto e danno”.
La prova del difetto deve dimostra che il prodotto non ha la sicurezza prevista valutando tutte le circostanze
offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere tenendo conto di tutte le circostanze tra cui:
a) il modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, la sua presentazione, le sue caratteristiche palesi, le istruzioni e le avvertenze fornite;
b) l’uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e i comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere;
c) il tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione.
Infine, riguardo la prova per difetto, rilevano le norme tecniche armonizzate che fissano gli standard di sicurezza e tutte le caratteristiche che determinati prodotti devono possedere per essere immessi in commercio.